Oggi più che mai è chiaro ai più che alimentazione, dieta e salute sono strettamente correlate.
E’ chiaro a tutti ormai che, il miglioramento della qualità dell’alimentazione determina la diminuzione delle malattie croniche ed influisce sulla durata della vita media.
Ma in un mondo dove la perdita di peso ha acquisito anche un valore commerciale (tanto che il settore del benessere non conosce crisi) oltre che un valore estetico, una domanda sorge spontanea:
qual è la dieta migliore per la salute?
Il Dottor David Katz e la collega Stephanie Meller dell’University Prevention Research Center di Yale hanno pubblicato nel 2018 uno studio di comparazione di diverse diete dal titolo: “Possiamo dire quale sia la dieta migliore per la salute?”, valutando 40 diete e basandosi su una serie di parametri:
- facilità di aderenza alla dieta,
- probabilità di perdere peso a breve e lungo termine,
- efficacia contro malattie come diabete e problemi cardiovascolari.
“C’è grande discussione su cosa considerare ‘alimentazione sana’ – sottolinea David Katz, ma non c’è un solo regime alimentare che vada bene per tutti.
In ultima analisi la dieta ‘migliore’ è quella che può essere adottata e sostenuta nel tempo”.
La dieta Mediterranea, riconosciuta dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità dal 2010, è il profilo alimentare maggiormente associato ad un ottimale stato di salute nella popolazione generale, e ad un ridotto rischio di insorgenze di patologie.
Dati recenti e sempre più concordi confermano il ruolo preponderante delle abitudini alimentari di provenienza Mediterranea nel cambiamento in senso favorevole del rischio delle maggiori patologie correlate allo stato di benessere delle popolazioni industrializzate, ivi compreso della condizione di sovrappeso/obesità.
La dieta chetogenica, cioè il profilo alimentare a basso o bassissimo apporto della quota di carboidrati è un approccio nutrizionale che già negli anni ‘20 del secolo scorso ha avuto un certo riscontro per la terapia di patologie neurologiche complesse che non avevano cura con le terapie convenzionali.
Nei primi anni ’70, questa dieta è diventata sempre più popolare tra i soggetti in condizioni di sovrappeso/obesità.
Negli ultimi anni, la necessità di approfondire e migliorare l’approccio alla dietoterapia dell’obesità ha fatto rifiorire l’interesse su questo tema.
Se da una parte è innegabile che le diete con un ridotto apporto calorico rappresentino ad oggi un ambito di grande interesse metabolico e di potenziale utilizzo clinico, è necessario d’altra parte identificarne il corretto ruolo nella clinica.
La dieta chetogenica oltre che per il trattamento dell’epilessia e dell’obesità severa in soggetti accuratamente selezionati e candidati alla chirurgia bariatrica, è indicata anche per quelli che richiedono un rapido calo di peso nella preparazione ad interventi chirurgici e persino per altre patologie come certe forme tumorali, alcune patologie neurologiche come Alzheimer e Parkinson, varie forme di cefalea, il Diabete e la Sindrome Metabolica.
A meno che non venga utilizzata per il trattamento di specifiche patologie, la dieta chetogenica non può essere protratta indefinitamente nel tempo: la maggior parte degli studi suggerisce che un piano alimentare chetogenico mirato al dimagrimento debba essere utilizzato per un periodo massimo di 8/12 settimane.
Al termine del percorso chetogenico il paziente deve essere guidato al progressivo reinserimento di alimenti contenenti carboidrati, con un passaggio graduale a uno stile alimentare sostenibile nel lungo periodo, una vera dieta mediterranea, che possa permettere di mantenere i risultati raggiunti nel tempo attraverso l’educazione e la rieducazione alimentare.
L’importanza di una corretta valutazione dello stato nutrizionale
La valutazione dello stato nutrizionale consente di identificare i pazienti con problemi nutrizionali (già malnutriti o a rischio malnutrizione calorico – proteica o con deplezione di specifici nutrienti) che richiedono un intervento terapeutico specifico.
Il Morphogram PRO, è uno strumento per far sì che la valutazione antropometrica e la valutazione dello stato nutrizionale possano essere alla portata di tutti e consentire una valutazione della composizione corporea di tipo funzionale, poco invasiva e con disponibilità di valori di riferimento.