Il lavoro del nutrizionista può essere paragonato a quello di un sarto professionista che usa misure dirette per confezionare un vestito che deve soddisfare pienamente il proprio cliente.
Oppure a quello di un architetto che usa misure dirette per definire gli spazi degli ambienti di vita che si desiderano, o a quello del medico che abbisogna di misure obiettive per stabilire il dosaggio dei farmaci da personalizzare.
Il lavoro del nutrizionista comprende tutte e tre queste discipline, a cui deve aggiungere anche l’empatia e il counselling psico-nutrizionale.
Il piano nutrizionale personalizzato è, quindi, il risultato di una valutazione dello stato nutrizionale, di tipo sartoriale, dell’architettura nutrizionale, intesa come tecnica di distribuzione degli alimenti, nel rispetto di ben precisi spazi e confini nutrizionali, definiti attraverso l’obiettività del metodo scientifico e comunicati con appropriate tecniche di counselling.
Questa premessa è necessaria per far comprendere che, a prescindere dal peso corporeo, ciò che conta nel singolo paziente, è di mantenere nel tempo la migliore vicinanza alle dimensioni e alle proporzioni ottimali delle varie parti del corpo, secondo il biotipo costituzionale di appartenenza e il controllo dei fattori di rischio individuali dell’adiposità centrale.
Quindi, non bisogna confondere la valutazione dello stato nutrizionale che è un approccio metodologico preliminare e basilare per un professionista, in quanto concerne “l’esame obiettivo”, dalla valutazione della composizione corporea con BIA che è una valutazione tecnico-strumentale indiretta, fondata su equazioni predittive, che può essere di complemento, ma non può sostituire il primo passaggio che è quello che qualifica maggiormente l’operato del professionista.